Cenerentola

Fiaba ceca di Božena Němcová

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    CENERENTOLA (di Božena Němcová)

    C’era una volta una città dove viveva un uomo povero che aveva tre figlie. Non erano ancora

    adulte, ma già si vedeva, almeno per quanto riguarda le due più grandi, che un giorno sarebbero

    diventate delle belle fanciulle. La più piccola passava tutto il giorno a lavorare in cucina, e così la

    chiamavano Cenerentola perché, essendo sempre sporca di cenere, non si capiva se fosse bella o

    meno. Le due più grandi, Kasala e Adlina, pur essendo abili nelle faccende domestiche, non

    avevano voglia di fare nulla, ed erano i genitori a doversi occupare di tutto. Ed essi, poiché erano

    poveri, dovevano spendere quel poco che avevano per sostenerle. I loro conoscenti e vicini, e

    soprattutto una comare, donna saggia e astuta, li rimproveravano che non mandassero le ragazze a

    servizio. Che fare se le ragazze non ne avevano nessuna voglia? Passavano le giornate senza far

    nulla e, sebbene Cenerentola le servisse e riverisse, la tormentavano da mattina a sera.

    Una notte l’uomo disse alla moglie: “Cara moglie, non si può più andare avanti così se non

    vogliamo morire di fame. Dato che non vogliono andare a servizio qui in paese, bisogna portarle via

    con l’inganno, in modo che non trovino più la strada per tornare indietro”. La moglie aveva dei

    dubbi, ma temendo la miseria e fidandosi del marito, acconsentì che l’indomani portasse via le

    ragazze. Cenerentola, che dormiva vicino al caminetto, aveva il sonno leggero e sentì il discorso dei

    genitori. Appena sorse il sole, si alzò e è andò a chiedere consiglio alla comare.

    “Ti aiuto, a condizione che non riporterai indietro le tue sorelle cattive. Diede a Cenerentola un

    gomitolo e disse: ”Rimani dietro di loro, fissa il filo all'albero più vicino e metti il gomitolo in tasca.

    Quello, sfilandosi pian piano, ti farà ritrovare la strada di casa”. Cenerentola ringraziò la brava

    comare e tornò a casa.

    La mattina presto il padre si alzò, svegliò le ragazze e disse: ”Oggi ho tanto da fare nel bosco e non

    ce la faccio da solo, quindi dovete venire tutte e tre con me.”

    L’idea non piacque alle capricciose sorelle, solo Cenerentola aveva già preparato la colazione da un

    pezzo, mentre loro non si erano neanche vestite. Dopo aver mangiato, uscirono con il padre.

    Cenerentola aveva il gomitolo in tasca e lo sfilava pian piano lungo il cammino. Il padre le portò su

    e giù per il bosco, finché giunsero ad una selva, dove disse loro di aspettarlo mentre lui andava a

    cercare un posto per fare la legna. Non sospettando nulla, le sorelle aspettavano il padre, solo

    Cenerentola sapeva ciò che stava accadendo. Molto tempo dopo, poiché il padre ancora non

    tornava, disse: ”Pare che nostro padre ci abbia abbandonate, meglio se andiamo a cercarlo.”

    “La solita saccente.”

    “Ebbene, se non volete, andrò da sola.

    Nemmeno questa idea le allettava, perciò la seguirono. Cenerentola era buona d’animo e non

    poteva abbandonare le sorelle nel bosco. Seguendo il filo, tornarono felicemente a casa, sebbene

    fosse molto tardi. Quando bussarono, il padre aprì la porta a malincuore. Spiegò che si era perso e,

    dopo aver finalmente ritrovato la strada, era tornato a casa, sicuro che lo avrebbero raggiunto.

    Ma durante la notte Cenerentola udì chiaramente il discorso tra i genitori: “Non ho davvero idea di

    come siano riuscite a tornare. Domani le porterò nel bosco, in un posto ancora più lontano, vicino

    al castello dove spero che le prenderanno a servizio.”

    Il sole non era ancora sorto e Cenerentola era già dalla comare. Stavolta dovette promettere che non

    avrebbe più riportato a casa le sorelle. La comare le suggerì di prendere più cenere possibile e di

    sparpagliarla lungo il cammino, per poter così ritrovare la strada del ritorno.

    Cenerentola ringraziò e tornò a casa. Di nuovo il padre svegliò le figlie, disse loro di vestirsi in

    fretta e di accompagnarlo nel bosco a raccogliere le pigne.

    Dopo la colazione Cenerentola prese il cestino in cui aveva messo un po’ di pane, lo coprì con un

    panno, sotto però l’aveva riempito di cenere. Poi si riempì di cenere anche le tasche. Strada facendo

    la spargeva dietro di sé fino al luogo dove le condusse il padre, dove c’era una grande quantità di

    pigne. Il padre disse ”Voi rimanete qui e raccogliete le pigne, mentre io vado a dare un’occhiata più

    in là. Quando avrete i fagotti pieni, chiamatemi.”

    Quando riempirono i fagotti, chiamarono il padre, ma lui non c’era più.

    “Dobbiamo tornare a casa da sole, care sorelle” disse Cenerentola “sembra che nostro padre si sia

    perso di nuovo.” Stavolta le sorelle la seguirono senza far storie. Grazie alla cenere tornarono a casa

    sane e salve. Oramai dormivano tutti quando giunsero alla casetta.

    “Siete fuggito, papà?” domandavano le ragazze.

    “Ma che sciocche che siete, come potrei abbandonarvi? Mentre mi inoltravo sempre più nel

    profondo del bosco pensando solo al lavoro, mi sono dimenticato completamente di voi. Quando

    sono venuto a prendervi, non c’eravate più. Che dovevo fare? Ho preso una scorciatoia e sono

    andato a casa”.

    Kasala e Adlina gli credettero, ma Cenerentola sapeva la verità. La notte il padre disse di

    nuovo:”Domani non ritorneranno di sicuro.”

    La madre lo pregò di ripensarci e di non portarle più via, ma lui era irremovibile. Era ancora buio,

    quando Cenerentola già raccontava tutto alla comare. Stavolta la comare si adirò perché aveva di

    nuovo riportato a casa le sorelle. Infuriata, le diede un pesante sacco pieno di piselli da spargere per

    strada. All’alba il padre svegliò le figlie perché lo accompagnassero di nuovo a raccogliere la legna.

    Dopo la colazione uscirono. Cenerentola rimaneva indietro e gettava per terra i piselli uno per uno.

    Il babbo mostrò loro il posto più adatto per fare la legna e si allontanò.

    Il sole era già alto nel cielo quando, dopo aver finito di raccogliere la legna, iniziarono a cercare il

    padre. Chiamavano, cercavano, ma invano. Ed ecco che Cenerentola propose loro di tornare a casa

    da sole. Cercava i piselli, ma non c’erano più. Vedendo uno stormo di piccioni, capì che erano

    stati loro a mangiarli. Che guaio! Solo adesso Cenerentola raccontò alle sorelle il piano del padre.

    Che dovevano fare? Con il muschio e con dei rami si costruirono un giaciglio e, affamate, si

    coricarono nel bosco. La mattina, dopo aver fatto colazione con le fragole, si aggiravano sperdute

    per il bosco. Cenerentola suggerì:

    “Vi dico io cosa bisogna fare, mi arrampicherò su un albero e, se vedrò un casolare, andremo in

    quella direzione.” Veloce come uno scoiattolo salì su un pino e guardò da tutte le parti, cercando

    una casa qualsiasi. All’improvviso vide in lontananza un grande castello. Tenendo bene a mente la

    direzione, scese per dirlo alle sorelle e, poco dopo, tutte e tre si dirigevano verso il castello.

    Era già sceso il crepuscolo quando arrivarono su un prato verde dove si ergeva il castello. Girarono

    ben tre volte intorno, ma non incontrarono anima viva. Presero coraggio e bussarono al portone. Ed

    ecco che comparve una vecchia così brutta che si spaventarono a morte. La testa grossa come un

    una botte, gli occhi stralunati, i capelli spettinati e così grossa che neanche in tre l’avrebbero potuta

    abbracciare.

    “E voi cosa ci fate qui?” urlò con voce terrificante.

    “Cara nonnina” rispose Cenerentola,“Vorremo solo chiedervi qualcosa da mangiare. Abbiamo tanta

    fame.”

    “Andatevene subito da qui se non volete essere mangiate da mio marito.”

    “Povere noi, che faremo se non ci accoglierete? La notte si avvicina, non sappiamo dove andare e,

    se vostro marito ci incontra, certamente ci mangerà. Abbiate pietà e nascondeteci da qualche parte,

    in cambio vi aiuteremo in tutto.”

    “Sì, sì” gridavano all’unisono Kasala e Adlina.

    “Io vi cucirò i vestiti, ricamerò le vostre scarpe e vi agghinderò con i gioielli.”

    “Io vi curerò e vi pettinerò per farvi diventare ancora più bella.”

    “E io,” disse Cenerentola, “ Cucinerò per voi cibi deliziosi e sistemerò tutta la casa, così non

    dovrete preoccuparvi di nulla.”

    La vecchia, incantata dalle loro parole, le fece entrare, diede loro della carne cruda e della frutta.

    Dopo essersi saziate di frutta, la seguirono in cantina dove c’era una grande botte vuota. La vecchia

    le nascose dentro, poi tornò di sopra. In quel momento il marito bussò alla porta. Impaurita andò ad

    aprirgli.

    L’orco era tre volte più grosso della vecchia. Appena entrato urlò così forte da far tremare le mura

    “Ucci uccci, sento odor di cristianucci! Moglie, chi c’è qui?”

    “Ma chi dovrebbe mai esserci, maritino mio” rispose, e gli portò una buona cena per calmarlo.

    Dopo un po’ il mostro chiese di nuovo “Dimmi, strega, chi nascondi?”

    “Ma nessuno, caro.”

    Dopo un po’, quando ebbe finito di mangiare, ricominciò: ”Qui c’è qualcuno, dimmi chi è.”

    Per non farlo arrabbiare ancora di più, gli raccontò tutto e concluse: ”Penso che sia meglio lasciarle

    in vita ancora per un po’. Dopo che mi avranno insegnato tutto quello che sanno fare allora le potrai

    uccidere.”

    L’orco ci pensò su, e alla fine acconsentì. Allora la vecchia lo condusse in cantina. Le povere

    ragazze erano sicure che fosse arrivata la loro fine e che l’orco stesse venendo a mangiarle. Appena

    lo videro, caddero in ginocchia, pregandolo di lasciarle in vita.

    “Vi lascio vivere, ma dovete fare tutto ciò che avete promesso, altrimenti vi aspetta una brutta fine.”

    Promisero volentieri. La mattina dopo, all’alba, Cenerentola era già in piedi e preparava la

    colazione, ma le sorelle dovettero aiutarla perché l’orco e l’orchessa mangiavano per trenta persone.

    Quando si alzarono, la colazione era già bell’e pronta sul tavolo. I due ne furono entusiasti,

    specialmente la vecchia, quando Adlina e Kasala la pettinarono e le intrecciarono la criniera e la

    vestirono per bene. Il mostro diede loro tutto ciò di cui avevano bisogno, bastava solo chiedere. Per

    il momento, però, non mancava niente. Erano sempre occupate dal lavoro, il tempo passava in

    fretta. Più andavano avanti così, più erano scontente, ma non c’era nessuna via d’uscita, nessun

    rimedio.

    Un giorno si misero d’accordo per uccidere i padroni appena si fosse presentata un’occasione. Ma

    come? Questa domanda le tormentava giorno e notte. Per fortuna, il mostro chiese a Cenerentola di

    insegnargli a fare il pane. Decisero quindi di sfruttare l’occasione, convinte che uccidere la vecchia

    sarebbe stato più facile. La mattina Cenerentola accese il fuoco nel forno, che era enorme perché in

    casa sfornavano tante pagnotte. Il mostro era seduto vicino al fuoco, aspettando il momento giusto

    per infornare il pane. Insonnolito dal caldo che usciva dal forno, si sdraiò e si addormentò. Era

    quello che volevano le ragazze. Appena iniziò a russare, presero dei grandi bastoni e, con tutta loro

    forza, lo spinsero dentro il fuoco. In un attimo l’orco diventò una frittata. Fuori uno, ma ora si

    chiedevano come fare con sua moglie.

    Quando la vecchia si alzò, subito le ragazze le si avvicinarono dicendole di vestirsi in fretta perché

    il marito stava per tornare, e che si sarebbe arrabbiato vedendola spettinata in quel modo. La

    vecchia si sedette sullo sgabello e le ragazze si misero a pettinarla.

    “Abbassate un po’ la testa, nonnina, così potrò aggiustarvi i capelli anche dietro” disse Kasala.

    La vecchia abbassò la testa e Kasala le coprì gli occhi con i capelli, poi prese una grande ascia che

    le aveva passato Cenerentola e, con un colpo secco, le tagliò la testa. Dopo aver pulito tutto,

    seppellirono il corpo. Erano così diventate proprietarie di tutte le ricchezze che avevano sempre

    desiderato. Per Cenerentola cominciarono giorni difficili. Come prima, anche ora in casa doveva

    occuparsi di tutto: pulire, lavare, cucinare, mentre le sorelle si curavano solo del loro aspetto e si

    occupavano di faccende inutili. Ormai era abituata e non le avrebbe dato molto fastidio, se almeno

    le sorelle l’avessero criticata un po’meno. Per loro, Cenerentola non faceva mai abbastanza e non

    perdevano mai occasione per sgridarla. Ma a che servivano tutti quei gioielli e i bei vestiti se non

    c’era un uomo che potesse ammirarle? Era quello il loro pensiero principale. Decisero quindi di

    visitare la città dove l’orco andava a procurarsi il cibo. La città non era neanche così lontana quanto

    pensavano. Comprarono innumerevoli gioielli e altre cose di cui avevano bisogno, presero una

    carrozza con i cavalli e assunsero dei servi per non dover più andare in città vestite come delle

    mendicanti. Cenerentola aveva ancora più da fare, a casa c’era molta più gente di prima, ma non la

    aiutava mai nessuno perché tutti si occupavano solo delle sorelle. Quando andarono in città per la

    seconda volta sentirono che il Principe del reame organizzava un grande banchetto a cui erano stati

    tutti invitati. Ecco un’occasione per le vanitose sorelle! Subito comprarono dei vestiti nuovi per

    agghindarsi sontuosamente. Non parlavano d’altro, come se fosse la cosa più importante del mondo.

    Cenerentola non si fermava un attimo. Anche lei desiderava indossare quei vestiti splendidi e uscire

    un po’ di casa, ma aveva paura di parlare con le sorelle. Ma quando vide tutti i preparativi e sentì le

    chiacchiere su quanto fosse bello il principe, si fece coraggio e chiese alle sorelle se poteva

    accompagnarle.

    “Tu?” l’aggredirono le sorelle “Con te faremmo solo brutta figura.”

    “Fatemi provare uno dei vostri vecchi vestiti, mi vestirò bene e sembrerò un’altra persona.”

    “Chi crede di essere quella sporca Cenerentola! Forse pensa, addirittura di essere più bella di noi?

    Non ci pensare neanche. Rimani qui e sorveglia la casa, e noi ti racconteremo come è andata in

    città.”

    Cenerentola se ne andò senza dire una parola, ma con gli occhi pieni di lacrime per la cattiveria

    delle altezzose sorelle. Il giorno della festa le sorelle si alzarono prestissimo. Urlavano e davano

    ordini a tutti fino a quando non uscirono di casa. Dopo essersi riposata un po’, Cenerentola, prese la

    scopa e si mise a spazzare e a rassettare la stanza. Mentre puliva con grande sollecitudine affinché

    non restasse nemmeno un granello di polvere, vide qualcosa che luccicava in un angolo. La raccolse

    e scoprì che si trattava di una piccola chiave d’oro. “Da dove viene?” si chiese Cenerentola e iniziò

    subito a guardarsi intorno. Ma non c’era nessun armadio, né una porta, né un baule che potesse

    essere aperto con quella chiave. Dopo aver cercato di sopra, prese una lampada e scese giù in

    cantina. Ed ecco che vide in un angolo una porticina con un piccolo lucchetto. La chiave calzava a

    pennello. Aprì e, senza alcun timore, entrò in un corridoio tutto buio; un paio di passi avanti c’era

    un’altra porta che si poteva aprire con la stessa chiave. Ma che spavento quando, entrata nella sala,

    fu quasi accecata dalla luce che risplendeva sui muri con mille lampi. Il pavimento era tutto

    d’argento e, al centro, c’era un tavolo e un bauletto d’argento. Dalla prima stanza, attraverso un

    archetto, si vedeva quella successiva, che invece era tutta d’oro con un tavolo d’oro con sopra un

    bauletto d’oro. Dalla seconda stanza si passava alla terza. Le prime stanze, anche se belle, erano ben

    poca cosa rispetto all’ultima. I muri erano tempestati di pietre preziose, come un cielo blu pieno di

    stelle, al centro c’era un tavolo con un bauletto di ferro. Dopo che gli occhi si furono stancati per

    tutta la bellezza che la circondava, decise di aprire il bauletto di ferro. Appena l’ebbe aperto, vide

    subito una scritta d’oro:

    Chi per primo entrerà in questa stanza e aprirà il bauletto di ferro, sarà padrone di tutto ciò che

    vede. Chi in questa stanza spingerà la grande pietra, vedrà la parete aprirsi. Fuori pascola un

    cavallo bianco, chi lo cavalcherà dovrà pronunciare le parole “nebbia davanti a me, nebbia dietro

    di me”, e per tre volte sarà trasportato ovunque lo desideri. Tre volte questo tesoro porterà fortuna

    alle persone buone, ma a quelle cattive procurerà solo guai.

    Dopo aver letto queste parole, Cenerentola guardò cos’altro ci fosse nell’armadio e trovò un abito

    bianco, tutto ricamato d’oro e pietre preziose. Sotto l’abito c’erano altri splendidi accessori e infine

    trovò anche delle deliziose scarpette d’oro. Cenerentola non era vanitosa, ma il sontuoso abito

    l’attirava al punto che dovette indossarlo. Tornò indietro correndo, si levò il vestito sporco di

    cenere, si lavò e si affrettò di nuovo in cantina. Prese l’abito dall’armadio e lo indossò. Ogni cosa,

    dalla testa ai piedi, perfino le minuscole scarpette, sembrava fatto apposta per lei.

    “E adesso” disse specchiandosi compiaciuta, “monterò a cavallo e anche io andrò alla festa per

    vedere il bel principe. Sono sicura che le sorelle non mi riconosceranno, perché non sospetteranno

    mai e poi mai che sotto questo vestito si nasconda l’umile Cenerentola”. Si diresse verso la grande

    pietra, la spinse, e si trovò su un prato verde. Là c’era davvero un cavallo bianco come la neve. Lo

    prese per le redini e montò in sella dicendo: “Portami in città, cavallo mio, “nebbia dietro, nebbia

    davanti”. Veloce come il vento, il cavallo galoppò verso la città. Poco dopo erano già al castello.

    Cenerentola scese, legò il cavallo ad una colonna ed entrò nella sala dove si svolgeva la festa. Tutti

    ammiravano senza fiato la bella sconosciuta.. Il principe smise subito di parlare con Kasala e Adlina

    e le si avvicinò incuriosito.

    “Chi sei tu, bella fanciulla? chiese il principe “Sei venuta ad impreziosire il nostro banchetto con la

    tua presenza?”

    “Se volete che io mi trattenga un poco qui, vi prego di non chiedere il mio nome.”

    A quelle parole il principe non chiese altro e la accompagnò a tavola. Era un po’ timorosa che le

    sorelle potessero riconoscerla ma quelle, pur continuando a fissarla, non pensavano neanche

    lontanamente a Cenerentola. Dopo il banchetto ci fu un ballo. Il principe ormai non aveva occhi che

    per la bellissima sconosciuta e tutti i suoi pensieri erano solo per lei. Non lo affascinavano il vestito

    o i diamanti, ma era incantato dalla sua bellezza e dalla voce melodiosa che usciva dalle sue

    dolcissime labbra. Nemmeno lei capiva come poteva essersi trasformata in quel modo.

    A tutto quello che il principe le chiedeva, ed erano tante cose, lei rispondeva con spirito e con

    saggezza, come se fosse stata molto istruita. Dal momento in cui ebbe indossato quel vestito, si

    sentiva del tutto diversa.

    Era già scesa la notte, quando si ricordò di dover tornare a casa. Il principe insisteva ad

    accompagnarla fino al cavallo, lei però salì in fretta in sella e scomparve. Invano il principe cercò di

    raggiungerla, inseguendola col suo cavallo più veloce. Cenerentola era sparita. Tornata a casa,

    rimise l’abito nell’armadio e indossò i suo vestiti sporchi, poi corse su a preparare tutto per l’arrivo

    delle sorelle. Anche se non era tutto in ordine quando le sorelle tornarono, non si accorsero di nulla,

    perché avevano altro per la testa.

    “Su, raccontatemi come è andata la serata!”

    “Siamo state benissimo, non puoi nemmeno immaginarlo, ci è piaciuta così tanto che domani ci

    ritorneremo.”

    “Ah, allora domani mi portate con voi?”

    “Non ci pensare nemmeno, è un posto per le principesse, non per una come te.”

    “Com’era la principessa, questo almeno potete raccontarmelo.”

    “Non esistono parole in grado di esprimerlo. Non abbiamo mai visto una tale bellezza. E che

    vestito! E’ merito suo se domani il banchetto si ripeterà. Il principe si è innamorato di lei, ma è

    fuggita e lui non sa come rintracciarla. Spera che domani venga di nuovo al banchetto.”

    Per tutta la notte Cenerentola non riusciva a pensare ad altro. La mattina, appena le sorelle furono

    uscite, corse in cantina per vedere cosa c’era nell’altro bauletto. Trovò un vestito rosa, ricamato

    d’argento, con tutti gli accessori. Mancavano solo le scarpette che dovette prendere dal primo

    bauletto. Si specchiò nella parete d’argento, era splendida. Poi salì sul cavallo bianco che subito la

    portò in città.

    Seduto a tavola, il principe era alquanto irrequieto. Ogni volta che la porta si apriva, sperava che

    fosse lei e continuava ad attenderla con ansia. Finalmente la porta si spalancò, si udì il fruscio di un

    vestito di seta e il volto del principe si illuminò.

    “Ah, quanto mi avete rattristato ieri, con la vostra partenza improvvisa” le disse il principe quando

    rimasero soli.

    “Non posso fare altrimenti, rispose Cenerentola, e se volete che io ritorni ancora una volta, non

    dovrete trattenermi.”

    “Non potete capire quanto mi pesa quello che mi chiedete, ma vi prometto che farò ciò che

    desiderate, a condizione che domani ci rivedremo.”

    “Certo, avete la mia parola.”

    Così, quando arrivò il momento della partenza, il principe non cercò di fermarla, sperando che

    l’indomani si sarebbero rivisti. Arrivata a casa, si cambiò in fretta e tornò al lavoro di sempre;

    appena l’ebbe finito, giunsero le due sorelle.

    “Come siete state oggi?” chiese Cenerentola.

    “C’è stato di nuovo un banchetto e da quello non è facile andar via. Dio mio! Cosa ci trova in lei il

    principe? Certo è bella, ma ci sono tante belle ragazze, perché si è innamorato proprio di lei?”

    “Se non ci fosse lei, forse il principe potrebbe sposare una di voi.” disse Cenerentola.

    “Come osi parlare in questo modo, pensa ai fatti tuoi e non ti intromettere” ribatté Adlina.

    Cenerentola se ne andò in silenzio pensando :”Illuse, non cambierei mai la mia sorte con la vostra..”

    La terza mattina le sorelle, dopo essersi vestite sontuosamente, uscirono. Cenerentola rassettò un

    poco la casa e poi corse giù in cantina. Questa volta aprì il bauletto d’argento. C’era un magnifico

    vestito celeste, decorato con argento e perle. Si vestì e mise la preziosa collana e il diadema

    splendente. Con questi abiti per la terza volta cavalcò verso il castello. Il principe aveva ordinato al

    castellano di avvertirlo non appena avesse visto la fanciulla (che tutti consideravano una

    principessa). Era da poco seduto a tavola, quando arrivò di corsa il castellano, annunciandogli di

    aver visto da lontano qualcuno che cavalcava su un cavallo bianco. Il principe corse giù, ma

    Cenerentola gli stava già venendo incontro. Era allegro e felice perché era sicuro che stavolta non

    sarebbe riuscita a sfuggirgli. Tutti erano ansiosi di sapere come sarebbe andata a finire. Il principe

    la pregava di rimanere, di svelare la sua identità e di sposarlo.

    Ma alle insistenti richieste del principe la risposta di Cenerentola era sempre la stessa: “Non me lo

    chiedete, perché non è possibile e la realtà forse non vi piacerebbe. Accontentatevi della mia

    presenza in questo momento.”

    “Ma quanto a lungo pensate di trattenervi, e dove potrò cercarvi? “

    “Lasciamo che sia il destino a decidere.”

    Così rispondeva al povero principe. Ancora una volta giunse l’ora di tornare di nuovo a casa.

    Appena il principe capì che stava per partire, diede un segno segreto a uno dei servi, che uscì di

    sala. Mentre accompagnava Cenerentola giù per le scale, la supplicava ancora una volta e cercava di

    trattenerla, ella corse veloce verso il suo cavallo. All’improvviso sentì che i piedi rimanevano

    incollati a terra. Guardò e si accorse che il pavimento era stato cosparso di pece. Cercò di liberarsi,

    ma quando vide che il principe era ormai vicino, saltò rapidamente sul cavallo che, con agili salti,

    corse via al galoppo e subito scomparve. Sul pavimento però, come pegno, restò incollata una delle

    sue scarpette dorate. Il principe era deluso che il suo tranello non fosse riuscito, ma era contento

    perché almeno possedeva qualcosa che gli avrebbe permesso di ritrovare l’amata sconosciuta.

    Il cuore di Cenerentola non era meno triste del suo. Nessuno mai l’aveva chiamata con nomi così

    dolci e gentili, nessuno l’aveva trattata con tanta gentilezza e premura, insomma nessuno l’aveva

    mai amata come il bel principe. Non c’era da meravigliarsi se Cenerentola, sempre disprezzata da

    tutti, non desiderasse altro che trascorrere il resto della sua vita con lui. Salutò tristemente il cavallo

    e rimise il vestito nel bauletto. “Ah, Dio mi ha punito per la mia vanità” pensò mentre rimetteva al

    suo posto una sola scarpetta. “Ho perso la scarpetta e anche il mio cuore è perduto. “Potrei essere

    felice, ma come credere a tutto questo? Non era forse solo una magia? E forse sarò anche punita per

    la mia curiosità e per aver perso la scarpetta!”

    Con questi tristi pensieri salì a continuare il suo lavoro. Le sorelle tornarono, ma questa volta lei

    non chiese nulla. Ma quelle, senza essere interpellate, si misero a spettegolare.

    “Ben gli sta!” disse Kasala mentre Cenerentola preparava loro il letto. Perché è impazzito per questa

    strega invece di scegliere noi! Adesso che baci pure la sua scarpa.”

    “Come fai a sapere” rispose Adlina “che domani non comparirà di nuovo?”

    “Se avesse voluto, sarebbe rimasta oggi stesso.”

    “Non ha senso discutere, ma se domani calzeremo la scarpetta, una di noi diventerà regina”.

    “Che cos’è questa storia della scarpetta?” chiese Cenerentola alle sorelle.

    “Tu vuoi sapere sempre tutto, e sia, te lo dirò. Ieri la principessa si è presentata di nuovo a corte, il

    principe non ha degnato di uno sguardo nessuno ed è rimasto tutta la sera solo con lei. Quando è

    dovuta andare via, il principe ha ordinato di stendere della pece vicino al suo cavallo, sperando così

    di fermarla. Ma lei non è sciocca ed è riuscita abilmente a scappare, anche se la sua scarpetta è

    rimasta incollata. Il principe ha subito annunciato che l’indomani tutte le fanciulle e le dame di

    questo regno sarebbero dovute venire al castello per provarla. La fanciulla a cui andrà a pennello, se

    ancora nubile, diventerà sua moglie. E’ convinto che la misteriosa principessa viva nel suo reame e

    che nessun’altra possa avere un piede così piccolo come il suo. Ma può darsi che si sbagli e rimarrà

    deluso.”

    “Ma anche voi avete i piedi abbastanza piccoli, magari calzerete la scarpetta…” disse Cenerentola.

    “Vediamo cosa accadrà domani.”

    La mattina, prima di partire, con gli occhi pieni di lacrime per il dolore, ognuna di loro cercò di

    rattrappire il piede il più possibile per poter infilare la scarpetta.

    La povera Cenerentola non sapeva che fare, se andare con loro o restare a casa. Ma l’amore vinse la

    paura. Andò in cantina, si vestì di celeste e avvolse la scarpetta in un panno. Sopra indossò i suoi

    vecchi vestiti e, affidandosi a Dio, partì per il castello. Dopo mezza giornata arrivò sana e salva in

    città. A stento si fece strada in mezzo a tutte le donne che si erano radunate. In ogni volto si poteva

    leggere la speranza e la fiducia, o la tristezza e la rabbia per la delusione. Una non vedeva l’ora di

    indossare la scarpetta, un’altra già piangeva perché il suo piede era troppo grande. Quando entrò

    nella sala, vide che c’erano anche le sorelle sedute in un angolo. Dal loro viso contrariato capì che

    non erano riuscite a calzare la scarpetta. Il piccolo e grazioso oggetto, causa della rabbia di tutte le

    donne attorno, si trovava al centro della sala su un cuscinetto di seta. Il principe era seduto sul

    trono, triste perché ancora non aveva trovato colei che cercava. Una delle ultime fu Cenerentola.

    “Guarda un po’, Adlina, quella non è la nostra brutta Cenerentola?”

    “Hai ragione, è lei.”

    “Ma che ci fa qui? Vieni, andiamo a recuperarla. Chi crede di essere, lascia tutto il lavoro che ha da

    fare a casa a viene qui a godersi lo spettacolo.”

    Volevano dire cose ancora più cattive, ma rimasero a bocca aperta quando videro che Cenerentola si

    avvicinava al tappeto e indossava la scarpetta.

    “E’ lei!” gridarono tutte quante insieme quando videro che il suo piede era scivolato dentro la

    scarpetta senza alcuno sforzo.

    Il principe era sovrappensiero, si alzò di colpo e, veloce come un fulmine, corse verso Cenerentola

    per vedere se la scarpetta le andasse davvero bene. Cenerentola gettò via i suoi vestiti sporchi e

    calzò anche la seconda scarpetta.

    “Sei tu, mia amata?” si meravigliò il principe. Oh, non farmi più soffrire” la pregò in ginocchio.

    “Esaudisci la mia supplica e diventa mia moglie.”

    “Ebbene, voglio accontentarti” disse Cenerentola, “se non ti vergogni di sposare una ragazza

    povera.”

    “Chiunque tu sia, sarai mia moglie.”

    Poi la fece sedere al suo fianco sul trono, e la proclamò regina. Le sorelle scoppiavano di rabbia e di

    gelosia. Cenerentola, però, non era così cattiva e non si vergognava di loro. Spiegò tutto al suo

    sposo e andò loro incontro. Quando videro che con la cattiveria non ottenevano nulla, furono

    gentili come due angeli per avere anche loro un po’di gloria. Il principe, al colmo della gioia,

    organizzò un magnifico matrimonio, dove la sposa splendeva come la stella più radiosa. Quando

    furono soli, Cenerentola gli raccontò il segreto del tesoro e lo pregò di accompagnarla a prenderlo.

    Il principe rimase stupito dalla bellezza e dallo splendore delle stanze sotterranee. Presero tutto ciò

    che potevano. Riempirono le carrozze con il denaro e con le ricchezze che valevano dieci volte di

    più di tutto il regno. Così fecero per tre volte.

    Kasala a Adlina, che adesso erano sempre accanto alla sorella, non sapevano ancora da dove

    venisse tutta quella ricchezza. Cercarono dunque in tutti i modi di scoprirlo. La principessa, che era

    d’animo gentile, fidandosi delle sorelle e della loro finta bontà, un giorno raccontò la verità. Da quel

    momento non vollero più stare in città e partirono subito per il loro vecchio castello. Volevano a

    tutti i costi vedere il tesoro. Quando tornarono nella vecchia casa, per prima cosa cercarono la porta

    della cantina. Furono fortunate e la trovarono subito ma, non avendo la chiave, dovettero sfondarla.

    Quando videro tutta quella ricchezza, rimasero a bocca aperta ed iniziarono a riempirsi le tasche, i

    grembiuli e tutto ciò che potevano d’oro e d’argento. Quando ne ebbero abbastanza, salirono di

    sopra per svuotare tutto. Dato che anche questo sembrava loro troppo poco, scesero giù un'altra

    volta. Ma la pagarono cara. Appena si avvicinarono alla porta, due grandi gatti neri saltarono loro

    sul collo e le graffiarono con artigli affilati come coltelli, finché caddero a terra svenute. Quando

    ripresero coscienza, fra atroci dolori uscirono dalla cantina. Ma quale fu il loro spavento quando

    videro nello specchio che i loro volti, prima lisci e belli, erano ora graffiati e distrutti per sempre. Si

    ricordarono allora dei gioielli che avevano lasciato nella stanza e corsero a prenderli, ma al posto

    dell’oro, dell’argento e delle pietre preziose, non trovarono nient’altro che pietre. Che colpo! Niente

    bellezza, niente ricchezza! Si strappavano i capelli per la disperazione e, a forza di pensarci, si

    ammalarono gravemente e riuscirono a salvarsi solo grazie all’aiuto della giovane regina.

    Quando guarirono, andarono tutte e tre a prendere i genitori. Ormai erano poveri e vecchi e

    vivevano di elemosina. Che gioia quando riconobbero la loro figlia in quella nobile signora.

    Cenerentola li portò con sé. Un giorno Cenerentola scese di nuovo in cantina con il suo sposo, ma

    non riuscì a trovare più la porta, sembrava che tutto fosse sparito per sempre. Si meravigliò e non

    riusciva a capirne il motivo, finché un giorno le sorelle confessarono ciò che avevano fatto e come

    erano state punite dagli spiriti per la loro cupidigia. Ma Cenerentola sapeva bene per quale motivo

    erano state punite. I giovani sposi non ne furono molto rattristati, erano ricchi abbastanza. Vissero

    felici e contenti, aiutando i sudditi, e per questo furono benedetti dal Cielo.


    Traduzione di Lucie Susová

    Revisione di Fiorenza Giordano


    Note:

    * E' la versione cecoslovacca della fiaba di Cenerentola scritta da Božena Němcová, famosa autrice di fiabe e leggende ceche.
    * Dal racconto il regista cecoslovacco Vaclav Vorlicek ha tratto negli anni 70 il film Tre Noci per Cenerentola, film molto popolare in Cecoslovacchia e nei paesi dell'Europa dell'Est.


    Illustrazioni:

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